TELEVISIONE

Si chiude il programma dei record
elenchi, bilanci e il ricordo di Monicelli

Quarta e ultima puntata di "Vieniviaconme". Fra gli ospiti, Dario Fo e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Fazio annuncia in diretta la morte del regista. Il capostruttura di RaiTre, Mazzetti: "Vorremmo fare altre quattro puntate in primavera, chissà che ne pensano i vertici di viale Mazzini..."

di ALESSANDRA VITALI ROMA - Forse è vero che siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni. La pipa di Pertini e Bearzot e quella di Luciano Lama, la barba di Tiziano Terzani, gli scarpini di Roberto Baggio, la tonaca di don Milani e il megafono di Fellini, gli occhi di Sofia Loren e la bicicletta di Marco Biagi. E' l'elenco - parziale, quello completo è molto più lungo - di "ciò di cui tutti noi siamo fatti", il puzzle di un'Italia da sogno, quella che autori e conduttori di Vieniviaconme hanno provato a evocare nel corso delle puntate. L'elenco di "ciò di cui tutti noi siamo fatti" è uno dei primi letti in trasmissione, dopo quello su "che cosa ho imparato con questo programma" con cui Fabio Fazio ha inaugurato l'ultimo appuntamento. Alcune immagini di repertorio ricordano al pubblico chi era Walter Tobagi, il giornalista assassinato nel 1980. A sua figlia Benedetta il compito di elencare "le cose che le ha lasciato suo padre", a Francesco De Gregori quello di cantare Viva l'Italia. C'è anche un ricordo per Enzo Biagi. Nel cuore del programma irrompe la notizia della morte di Mario Monicelli 1. E' Fazio a darla, in diretta.

Chiude il programma delle polemiche e dei record, spettatori aumentati di puntata in puntata (rispettivamente oltre 7 milioni e seicentomila, oltre 9milioni, quasi 10 con picchi di 11) e il merito di aver introdotto, con successo, un nuovo linguaggio televisivo, con l'invenzione degli elenchi che danno voce ad artisti o gente comune nella narrazione dell'Italia di oggi. La prova che "un'altra tv è desiderata da milioni di italiani", come ha detto Saviano in un'intervista a Repubblica 2. Un fenomeno anche sul web, con oltre 11 milioni di pagine viste tra il sito ufficiale della trasmissione 3, quello della Rai e il canale Rai su YouTube. Quasi 200 mila i fan della pagina ufficiale Facebook.

Dopo aver parlato - fra i tanti argomenti - di "macchina del fango" e Unità d'Italia, 'ndrangheta al Nord, eutanasia, rifiuti, omosessualità, tagli alla cultura, attualità politica, lotta dello Stato alle mafie, vittime del terrorismo, carceri, migranti, lavoro, condizione femminile, l'ultima puntata comincia con un monologo di Roberto Saviano sul terremoto in Abruzzo. "La casa dello studente era fatta male, è il simbolo della condotta criminale di chi costruisce senza rispettare le regole", dice. E racconta le "piccole" storie dei giovani, Alessio, Davide, Michelone e tutti gli altri morti sotto le macerie. Quell'edificio "era una bomba a orologeria", accusa l'autore di Gomorra. C'è Dario Fo che fa l'elenco ironico e attualissimo dei consigli del Principe di Machiavelli. Dopo la protesta degli studenti, anch'essa sotto forma di elenco (mutuata proprio dal format di Vieniviaconme) Saviano cita l'opposizione alla riforma Gelmini, che ha portato i ragazzi in cima ai monumenti e ai tetti dei rettorati. "Sui tetti si sogna. Si sogna un'università pubblica, libera e aperta", dice una ricercatrice. E Domenico Starnone sottolinea che "la scuola peggiore è quella che si limita a individuare capacità e meriti evidenti", mentre "la scuola migliore è quella che scopre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero". C'è anche Milena Gabanelli, con l'elenco delle cause che incombono sulla testa di Report. "Il totale, per ora - conclude la giornalista - è di 251 milioni di euro".

E dopo che il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha elencato la settimana scorsa i successi del governo contro la mafia, stasera è il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso a mettere in fila le cose di cui c'è bisogno nella lotta contro la criminalità organizzata: risorse, intercettazioni, carceri adeguate, rispetto per i magistrati e non l'annunciata riforma della giustizia, bensì una nuova legge che "tenda a ridurre drasticamente il numero degli uffici giudiziari, a rendere più agile e veloce il processo penale, a rivedere il sistema delle impugnazioni, ad eliminare quelle garanzie soltanto formali, che consentono strategie dilatorie, funzionali a scarcerazioni o prescrizioni".

Il conduttore, nel suo elenco iniziale, chiude il cerchio, traccia un bilancio e non dimentica i contrasti con la Rai che caratterizzarono la vigilia del debutto, quasi un mese fa - ma neanche quelle più recenti. E fra "quello che ho imparato facendo questo programma", c'è "che la Rai è ancora un pezzo importante di questo Paese, anche se spesso dimentica di esserlo", "che per molti televisione pubblica vuol dire che siccome è di tutti, allora non si può dire niente", che "per molti altri televisione di Stato vuol dire televisione dei partiti", che "qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potessi definirsi pro-morte", che "ai racconti si può replicare solo con altri racconti, quindi chi non si è sentito rappresentato da questa trasmissione può farne un'altra e noi la guarderemo volentieri", che "tutti quelli che vogliono spiegarti che cosa piace al pubblico per fortuna non lo sanno".

Del rapporto complicato con la Rai parla anche, poco prima dell'ultima puntata, Loris Mazzetti, capostruttura di RaiTre e responsabile del programma. Non è ottimista, "tra dieci giorni nessuno si ricorderà di Vieniviaconme", forse "visto il successo, non doveva finire dopo quattro puntate", dice che "l'intenzione di RaiTre è di farne altre quattro, magari in primavera, speriamo che anche i vertici aziendali la pensino così". Quanto alla ragione per cui il programma è stato messo in discussione dai piani alti di viale Mazzini, "probabilmente pensavano che la nostra trasmissione fosse ideologizzata e non di servizio pubblico. Viviamo un momento strano dal punto di vista della vita del Paese, sociale, politico e televisivo. Giuliano Ferrara ha scritto sul Foglio che la nostra è una visione della società dal punto di vista della sinistra, ma - si chiede Mazzetti - perché, nel periodo di Berlusconi, non è arrivata in tv una cultura di centrodestra? Perché non sono nati i Santoro, i Fazio, i Floris di centrodestra? Non ci sono intellettuali che la pensano diversamente da noi? Io credo che ci siano. Il problema però è un altro. Credo che la strategia del premier - continua - si basi sulla creazione della tv commerciale in quanto business, senza approfondire principi e valori che esistono anche nella destra".

Il finale è con Fazio e Saviano e il "gioco" del "resto perché, vado via perché". "Resto qui perché ho tanta voglia di
tornare a Napoli" e "perché ha ragione Pietro Grasso" dice Saviano. "Mai mi sarei aspettato che tanta gente ci volesse bene - continua - voglio vedere se si avvera un sogno che ho fatto: dalla Rai mi telefonano e mi dicono 'perché non fate un altro programma che questo è stato così bello per tutti?'". Lo scrittore ha detto di voler restare in Italia "perché qui c'è casa mia, e perché ho ancora tanti libri che vorrei scrivere". Fazio, dopo aver ancora ricordato Monicelli ("resto perché voglio rivedere tanti suoi film"), ha concluso rivolgendosi a Saviano: "Vogliamo starti vicino".

(29 novembre 2010) © Riproduzione riservata


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