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Filippo Tommaso Marinetti

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Filippo Tommaso Marinetti

Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d'Egitto, 21 dicembre 1876Bellagio, 2 dicembre 1944) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo italiano. È conosciuto soprattutto come il fondatore del movimento futurista, la prima avanguardia storica italiana del Novecento.

Biografia[modifica | modifica sorgente]

Infanzia e adolescenza[modifica | modifica sorgente]

Filippo Tommaso Marinetti trascorse i primi anni di vita ad Alessandria d'Egitto, dove il padre (Enrico Marinetti) e la madre (Amalia Grolli) convivevano. L'amore per la letteratura emerge sin dagli anni del collegio: a 17 anni fonda la sua prima rivista scolastica, Papyrus; i gesuiti lo minacciano di espulsione per aver introdotto a scuola gli scandalosi romanzi di Émile Zola. È inviato così dalla famiglia a diplomarsi a Parigi, dove ottiene il Baccalaureato nel 1893. Si iscrive alla facoltà di legge di Pavia, insieme al fratello maggiore Leone.

La morte di quest'ultimo, appena ventunenne, è il primo vero trauma della vita di Marinetti, che dopo aver conseguito la laurea (a Genova nel 1899), decide di abbandonare il diritto e assecondare la sua vocazione letteraria. Da questo momento non cesserà di sperimentare incessantemente in ogni campo della letteratura (poesia, narrativa, teatro, parole in libertà), firmandosi sempre "Filippo Tommaso Marinetti". Nel 1902 ha un altro grave lutto familiare: muore la madre, Amalia Grolli, che da sempre lo aveva incoraggiato a praticare l'arte della poesia.

Poeta liberty in lingua francese[modifica | modifica sorgente]

Le sue prime poesie in lingua francese, pubblicate su riviste poetiche milanesi e parigine, vengono notate soprattutto in Francia, da poeti come Catulle Mendès e Gustave Kahn. In questo periodo Marinetti compone soprattutto versi liberi di stampo simbolista o liberty, che risentono dell'influenza di Stéphane Mallarmé e soprattutto di Gabriele D'Annunzio.

I suoi rapporti con D'Annunzio sono sin dall'inizio ambivalenti: nella scena parigina i due poeti italiani sono visti come rivali, ma il successo di D'Annunzio oscura quello del più giovane collega, che spesso anzi è consultato come fonte di prima mano di aneddoti sul "Vate": diversi di questi aneddoti sono raccolti in due volumi, D'Annunzio intime e Les Dieux s'en vont, D'Annunzio reste. La produzione di Marinetti si distingue da quella dannunziana per il particolare gusto per l'orrido e il grottesco.

Tra il 1905 e il 1909 dirige (in un primo momento in collaborazione con Sem Benelli e Vitaliano Ponti) la rivista milanese Poesia, di cui è fondatore e principale finanziatore. All'inizio si tratta di una rivista eclettica, che ha il merito di proporre in Italia alcuni autori simbolisti (soprattutto francesi e belgi) ancora sconosciuti. Solo nel 1909 essa diventa il primo organo ufficiale di un nuovo movimento poetico: il Futurismo.

Casa Marinetti, lapide di via Senato 2, all'epoca affacciata sul Naviglio.

La nascita del Futurismo[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Manifesto del futurismo.

Amante della velocità, nel 1908 Marinetti è ripescato in un fossato fuori Milano in seguito ad un banale incidente: per evitare due ciclisti era uscito di strada con la sua automobile, un'Isotta Fraschini. L'episodio viene trasfigurato nel Manifesto del futurismo, composto nello stesso anno: il Marinetti che viene estratto dal fossato è un uomo nuovo, deciso a liberarsi degli orpelli decadentisti e liberty, e che detta ai suoi compagni un programma fortemente rivoluzionario: occorre chiudere i ponti col passato, «distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie» e cantare «le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa glorificare la guerra — sola igiene del mondo —, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.»

A fine gennaio 1909 Marinetti manda il Manifesto ai principali giornali italiani. La «Gazzetta dell'Emilia» di Bologna lo pubblica il 5 febbraio[1]. Il 20 febbraio il Manifesto venne pubblicato sulla prima pagina del più prestigioso quotidiano francese, Le Figaro (pare che Marinetti sia riuscito a farlo pubblicare grazie all'interessamento di un vecchio amico egiziano del padre, azionista del quotidiano), conferendo al progetto marinettiano una risonanza europea.

Primi scandali e successi[modifica | modifica sorgente]

Il Manifesto viene letto e dibattuto in tutta Europa, ma le prime opere 'futuriste' di Marinetti non hanno la stessa fortuna. In aprile la prima del dramma satirico Le roi Bombance (Re Baldoria), composto nel 1905, viene sonoramente fischiata dal pubblico e da Marinetti stesso, che introduce così un altro degli elementi essenziali del Futurismo: la "voluttà d'essere fischiati"; l'autore tuttavia affronterà successivamente a duello un recensore troppo severo.

Anche il dramma La donna è mobile (Poupées électriques), rappresentato a Torino non aveva ottenuto molto successo. Oggi lo si ricorda in una versione successiva, col titolo Elettricità sessuale, soprattutto per l'apparizione in scena di automi umanoidi, dieci anni prima che il romanziere ceco Karel Čapek inventasse la parola "robot".

Marinetti con alcune pubblicazioni futuriste

Nel 1910 il suo primo romanzo, Mafarka il futurista, viene assolto dall'accusa di oltraggio al pudore. Ma in quello stesso anno Marinetti trova alleati inattesi: tre giovani pittori (Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo) decidono di aderire al Movimento. Insieme a loro (e a poeti come Aldo Palazzeschi) Marinetti lancia le serate futuriste: spettacoli teatrali in cui i futuristi declamano i loro manifesti davanti a una folla che spesso accorre per il solo piacere di colpirli con ortaggi vari. Ma l'happening più riuscito del periodo è il lancio del Manifesto Contro Venezia passatista dal Campanile della Basilica di San Marco: nel volantino Marinetti propone di "colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi" per "preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa dominare il mare Adriatico, gran lago Italiano".

Inviato di guerra durante la guerra italo-turca, da sinistra Filippo Tommaso Marinetti, Ezio Maria Gray, Jean Carrere, Enrico Corradini e G. Castellini

Nel 1911 scoppia la Guerra Italo-Turca, e Marinetti, bellicista convinto, non si tira indietro: parte per la Libia come corrispondente di un quotidiano francese. Pubblicherà i suoi reportages in forma di elzeviri nel volumetto La battaglia di Tripoli. Nel frattempo lavora a un romanzo in versi violentemente anticattolico e antiaustriaco: Le monoplan du Pape (L'aeroplano del Papa, 1912) e cura un'antologia dei poeti futuristi. Ma in realtà i suoi sforzi di rinnovamento del linguaggio poetico lo lasciano ancora insoddisfatto, tanto che nella prefazione all'antologia lancia una nuova rivoluzione: è tempo di farla finita con la sintassi tradizionale, per passare alle Parole in libertà.

Parole in libertà e parole in guerra[modifica | modifica sorgente]

Le parole in libertà sono una tecnica poetica espressiva del tutto nuova, in cui è distrutta la sintassi, abolita la punteggiatura e si ricorre anche ad artifici verbo-visivi. Diversi colleghi che avevano aderito al futurismo restano disorientati dalla nuova proposta di Marinetti[2]: è il caso di Aldo Palazzeschi e di Corrado Govoni, che di lì a poco abbandoneranno il movimento. Questi grandi talenti vengono rimpiazzati da altri nomi, meno celebri: a partire dal 1912 il Futurismo conosce il momento di massimo proselitismo, anche grazie al sostegno (per la verità piuttosto effimero) della rivista fiorentina Lacerba diretta da Giovanni Papini e Ardengo Soffici. In questo periodo Marinetti compone Zang Tumb Tumb, reportage della guerra bulgaro-turca redatto in parole in libertà. Nel 1914 compie anche un importante viaggio a Mosca e a Pietroburgo, dove farà la conoscenza dei futuristi russi. Questi ultimi, pur accogliendo Marinetti tra loro, solleveranno critiche sulla pratica delle Parole in libertà e manterranno una certa distanza nei confronti del movimento artistico italiano.

Dopo l'attentato di Sarajevo, Marinetti non esita a schierarsi a favore dell'intervento contro l'Austria e la Germania: verrà arrestato per aver bruciato bandiere austriache in piazza del Duomo a Milano. Quando l'Italia entra in guerra, Marinetti si arruola volontario (prima in un battaglione di ciclisti, poi negli Alpini). Ferito all'inguine, detta in convalescenza un manualetto che otterrà un inatteso successo: Come si seducono le donne. Torna quindi sul fronte, e partecipa sia alla rotta di Caporetto che alla trionfale avanzata di Vittorio Veneto, al volante di un'autoblindo (esperienza poi narrata nel romanzo L'alcova d'acciaio).

Dal Futurismo al Fascismo[modifica | modifica sorgente]

Terminata la guerra (con due medaglie al valore), Marinetti è convinto che sia giunto il momento di fare la rivoluzione. Deluso dalla "vittoria mutilata", partecipa per breve tempo all'impresa fiumana, ma è deluso da molti seguaci di D'Annunzio ed è invitato da quest'ultimo a lasciare la città.

In questo stesso periodo fonda il Partito Politico Futurista, che nel proprio programma contempla lo "svaticanamento dell'Italia" e il passaggio dalla monarchia alla repubblica (oltre alla distribuzione di terre ai combattenti, la lotta all'analfabetismo e il suffragio universale). Il 23 marzo 1919 Marinetti partecipa con Mussolini all'adunata di piazza San Sepolcro a Milano: da quel momento il Partito Politico Futurista confluisce nei Fasci di combattimento. Il 15 aprile, alla guida di un eterogeneo gruppo costituito da arditi, futuristi e fascisti si scontrò con i militanti del Partito Socialista[3] che culminò nell'assalto all'Avanti!.

Marinetti tuttavia tiene a ribadire l'originalità del futurismo rispetto al fascismo, ed è scontento della svolta reazionaria impressa da Mussolini dopo la sconfitta elettorale del novembre 1919 (in seguito alla quale i due vengono arrestati con l'accusa di detenzione illegale di armi da fuoco: Mussolini esce subito, Marinetti dopo una ventina di giorni). In questo periodo redige diversi manifesti politici, tra cui il pamphlet Al di là del Comunismo; nel maggio del 1920 interviene al secondo congresso dei Fasci, insistendo sulla necessità di "svaticanare l'Italia", abolire la monarchia e "appoggiare gli scioperi giusti": ma ormai i fascisti stanno andando nella direzione opposta, e Marinetti decide di dimettersi. Il poeta inizia lentamente ma decisamente a divergere dal fascismo: se ne distaccherà prima della fine dell'anno per ritornare sui suoi passi quasi un lustro più tardi.

Ritorno alla poesia[modifica | modifica sorgente]

Esaurita l'esperienza politica, Marinetti ritorna alla letteratura con alcune opere (Gli indomabili, Il tamburo di fuoco) meno sperimentali delle precedenti, ma che ottengono un discreto successo. A sostenerlo c'è la sua nuova compagna di vita, Benedetta Cappa, scrittrice e pittrice lei stessa. Durante una vacanza al mare, i due inventano una nuova forma d'arte tattile: il Tattilismo, concepito come un'evoluzione multi-sensoriale del Futurismo. Ma ancora una volta i colleghi futuristi restano interdetti. Anche a Parigi, Marinetti non è più accolto come la "caffeina d'Europa", portatrice di eccitanti novità: l'avanguardia che va per la maggiore è Dada, che si fa beffe dei futuristi-tattilisti e della loro pretesa di "moltiplicare la sensibilità umana".

Accademico d'Italia[modifica | modifica sorgente]

In prima fila: Depero, Marinetti e Cangiullo nei loro panciotti futuristi. Fotografia scattata il 14 gennaio 1924, in occasione della replica dello spettacolo della Compagnia del Nuovo Teatro Futurista a Torino.

Deluso dall'accoglienza parigina, Marinetti si riaccosta al Fascismo e a Mussolini, che nel frattempo ha preso il potere. Il regime lo ripaga dedicandogli importanti onorificenze nazionali (1924) ed egli, a sua volta, firma il Manifesto degli intellettuali fascisti (1925). Come ambasciatore del regime, Marinetti viaggia in Sudamerica e in Spagna. Nel 1929 lo stesso Mussolini vorrà Marinetti nell'Accademia d'Italia appena fondata. Il fondatore del Futurismo è ormai diventato un difensore della letteratura e della lingua italiana contro l'"esterofilia" dilagante, con effetti surreali: come quando gli capita di pronunciare discorsi su Giacomo Leopardi "maestro d'ottimismo" o di decantare il Futurismo di Ludovico Ariosto.

Nel frattempo il futurismo si è trasformato da movimento di rottura in scuola poetica, coi suoi congressi, le sue dispute, i suoi generi codificati (le parole in libertà e l'aeropoesia), ecc. Ma le opere futuriste più interessanti del Ventennio restano quelle di Marinetti, che in lavori come Il fascino dell'Egitto o nel dramma Il suggeritore nudo, rivela la sua attenzione alle nuove poetiche italiane ed europee.

Del 1929 è la stesura del Manifesto dell'aeropittura futurista, ispiratogli dall'esperienza di un volo sul Golfo della Spezia e che sarà motivo ispiratore della nuova forma artistica.

Nel settembre 1930 Marinetti e Tato (Guglielmo Sansoni) organizzano il primo concorso fotografico nazionale, e fra il 1930 e il 1931 propongono il Manifesto della fotografia futurista.[4][5]

Attento anche alle arti visive, nel 1933 alla Spezia istituisce con Fillia il Premio del Golfo. La sua posizione di Accademico gli consente comunque alcune timide prese di posizione critiche nei confronti del regime: nel 1938 escono, sulla rivista futurista Artecrazia, alcuni articoli (probabilmente dettati o ispirati da Marinetti) contro l'antisemitismo e le leggi razziali.

Ancora in guerra[modifica | modifica sorgente]

Malgrado la non più giovane età, Marinetti non rinuncia al fascino della guerra. Del resto, in un'intervista del 1926 a Vitaliano Brancati[6] aveva affermato che la guerra futura sarebbe stata combattuta dai vecchi, mentre i giovani sarebbero stati risparmiati per "la fecondazione della razza". Coerente coi suoi principi, Marinetti partecipa come volontario alla guerra di Etiopia (1936) e addirittura (a sessantasei anni) alla spedizione dell'ARMIR in Russia. Le esperienze su questi fronti sono raccontati ne Il poema africano della Divisione "28 ottobre" (1937) e nel romanzo postumo Originalità russa di masse distanze radiocuori.

L'esperienza russa si rivela però fatale. Tornato in Italia, stanco e malato, Marinetti detta ancora diverse opere a carattere memoriale, tra cui La grande Milano tradizionale e futurista, e aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, che per certi versi rappresenta un ritorno agli ideali fascisti repubblicani del 1919.

La morte[modifica | modifica sorgente]

Marinetti morì a Bellagio nell'attuale Hotel Excelsior, sul Lago di Como, il 2 dicembre 1944, in seguito a una crisi cardiaca: aveva appena scritto il suo ultimo testo, Quarto d'ora di poesia della X Mas. La notizia fece velocemente il giro del mondo. Il 3 dicembre anche il New York Times dedicò alla morte del Poeta un articolo ("Dr. F. T. Marinetti, Italian Author, 67; Early Associate of Mussolini, Also Known for Poems, Dies")[7]. Giunsero ad onorare le spoglie l'aeropoeta Paolo Buzzi e il compositore futurista Luigi Russolo. Lo scultore Spartaco Di Ciolo eseguì il calco funerario del volto del poeta. Il giorno dopo fu celebrato il funerale nella basilica di San Giacomo di Bellagio.

Il funerale solenne di Stato voluto da Mussolini fu celebrato a Milano il 5 dicembre nella chiesa di San Sepolcro, con grande partecipazione della cittadinanza nonostante la paura e la difficoltà nello spostarsi in una città ferita a causa dei frequenti bombardamenti anglo-americani: il poeta subito dopo venne sepolto al Cimitero Monumentale in una piccola tomba a terra[8].

Opere[modifica | modifica sorgente]

Uccidiamo il chiaro di luna, 1911, raccolta Gesualdo Manzella Frontini
Zang tumb tumb a Leida

Filmografia[modifica | modifica sorgente]

Onorificenze[modifica | modifica sorgente]

Arcade Minore della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese - nastrino per uniforme ordinaria Arcade Minore della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese
— Canicattì

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ Gianfranco Morra, «Il Futurismo l'abbiamo scoperto noi», La Voce di Romagna, 5 febbraio 2009.
  2. ^ Gino Severini, frammenti di vita parigina
  3. ^ Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pag 371
  4. ^ Giovanni Lista, Un linguaggio per l'invisibile, Art e Dossier (2003 - 2005), Anno 16 Numero 168 giugno 2001. URL consultato il 19 novembre 2008.
  5. ^ Sabrina Carollo, I Futuristi, Giunti Editore, p. 182 (disponibile su Google Ricerca Libri. URL consultato il 19 novembre 2008. )
  6. ^ Brancati intervista Marinetti per Il Giornale dell'Isola, 12 dicembre 1928
  7. ^ La pagina del New York Times
  8. ^ la tomba di Marinetti al Cimitero Monumentale.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • Filippo Tommaso Marinetti, Le Futurisme, textes annotés et préfacés par Giovanni Lista, Éditions L'Âge d'Homme, Lausanne, 1980
  • Filippo Tommaso Marinetti, Les Mots en liberté futuristes, préfacés par Giovanni Lista, Éditions L'Âge d'Homme, Lausanne, 1987
  • Giovanni Lista, F. T. Marinetti, Éditions Seghers, Paris, 1976
  • Marinetti et le futurisme, poèmes, études, documents, iconographie, réunis et préfacés par Giovanni Lista, bibliographie établie par Giovanni Lista, Éditions L'Âge d'Homme, Lausanne, 1977
  • Giovanni Lista, F. T. Marinetti, l'anarchiste du futurisme, Éditions Séguier, Paris, 1995
  • Giovanni Lista, Le Futurisme : création et avant-garde, Éditions L'Amateur, Paris, 2001
  • Giovanni Lista, Le Futurisme, une avant-garde radicale, coll. "Découvertes", Éditions Gallimard, Paris, 2008.
  • Giovanni Lista, Journal des Futurismes, Éditions Hazan, coll. "Bibliothèque", Paris, 2008 (ISBN 978-2-7541-0208-7)
  • Claudia Salaris, Marinetti. Arte e vita futurista, Editori Riuniti, 1997.
  • Gino Agnese, Marinetti. Una vita esplosiva, Camunia, 1990.
  • (FR) Tatiana Cescutti, Les origines mythiques du futurisme. Marinetti, poète symboliste (1902-1908), PUPS, 2009
  • Giacomo Properzj Breve storia del Futurismo Mursia ISBN 978-88-425-4158-5
  • Antonino Reitano, L'onore, la patria e la fede nell'ultimo Marinetti, Angelo Parisi Editore, 2006.
  • Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti, Arnoldo Mondatori editore, Milano, 2010. ISBN 978-88-04-59568-7
  • Pierluigi Romeo di Colloredo, Marinetti a Passo Uarieu, tra poesia e documento, in F. T. Marinetti, Poema africano della Divisione 28 Ottobre, Italia, Genova, 2012.
  • Lapini, L., Futurteatro, Saggi sul teatro futurista, Titivillus, Pisa 2009.
  • Fernando Maramai, "F.T. Marinetti. Teatro e azione futurista", Udine, Campanotto, 2009. ISBN 88-456-1060-8

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]

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