Lanciata nel 2006, la missione New Horizons è stata progettata con lo scopo di raccogliere dati per una migliore comprensione dei confini del sistema solare, oltre l'orbita di Nettuno. Si tratta di una vasta area che comprende, oltre a Plutone, gli altri oggetti ghiacciati della fascia di Kuiper. Ma il protagonista delle osservazioni di New Horizons è Plutone, a lungo considerato l'ultimo pianeta del sistema solare e riclassificato proprio nel 2006 come pianeta nano dall'Unione astronomica internazionale. Ora è disponibile una notevole quantità di dati, registrati dalla sonda durante lo storico sorvolo ravvicinato del 14 luglio dello scorso anno, analizzati dagli scienziati della missione.
Nel primo articolo, Jeffrey Moore, geologo planetario dell'Ames Research Center della NASA a Moffett Fields, in California, e colleghi descrivono per la prima volta diversi processi geologici che si possono osservare su Plutone e sul suo satellite naturale Caronte: scorrimenti di ghiaccio, movimenti tettonici, e piccoli rilievi bassi ma molto estesi, che sono probabilmente l'esito di fenomeni di criovulcanismo, cioè di eruzioni di acqua, ammoniaca e composti del metano che condensano in tempi brevissimi una volta esposte al gelido ambiente della superficie. La notevole variabilità del terreno indica che il pianeta nano è stato frequentemente
Nel secondo studio, Will Grundy del Lowell Observatory a Flagstaff, in Arizona, e colleghi hanno analizzato i colori nello spettro visibile e gli spettri infrarossi di Plutone e Caronte, ricostruendo composizione e distribuzione dei materiali sulle rispettive superfici ghiacciate. I ghiacci volatili, tra cui ghiaccio d'acqua e azoto solido, che dominano la superficie di Plutone sono distribuiti secondo uno schema complesso, per effetto di processi che agiscono sulla superficie su scale temporali e geologiche differenti. In alcune parti di Plutone, i ricercatori hanno scoperto caratteristici accumuli di colore rosso-bruno, formati da toline, polimeri assenti sulla Terra, ma spesso osservati sui pianeti esterni del sistema solare, che si formano per irraggiamento solare di composti organici semplici.
Nel terzo studio, G. Randall Gladstone del Southwest Research Institute di San Antonio, in Texas, e colleghi hanno studiato l'atmosfera di Plutone, rivelandone caratteristiche inaspettate. È composta principalmente da azoto molecolare fino a una quota di circa 1800 chilometri, mentre altri gas, come etano, metano, etilene e acetilene, sono presenti in misura minore. Inoltre, è attraversata da numerosi ed estesi strati di nebbia, e nella sua parte sommitale è molto più fredda e compatta rispetto a quanto stimato finora.
Nel quarto studio, Harold Weaver della Johns Hopkins University a Laurel, nel Maryland, e colleghi illustrano i dati raccolti sulle altre quattro lune di Plutone, oltre a Caronte, che sono, in ordine di distanza dal pianeta nano: Styx (Stige), Nix (Notte), Kerberos (Cerbero) e Hydra (Idra). Si tratta di oggetti di dimensioni limitate, e di forma allungata, con il diametro maggiore circa doppio rispetto a quello minore. La loro superficie ha una riflettività molto elevata, suggerendo che siano ricche di ghiaccio. Un'altra caratteristica è che ruotano molto rapidamente, indice del fatto che probabilmente si formarono in seguito all'impatto che generò la coppia Plutone-Caronte.
Nel quinto studio, Fran Bagenal dell'Università del Colorado a Boulder, e colleghi illustrano i risultati delle misurazioni effettuate con i due strumenti a bordo di New Horizons: il Solar Wind Around Pluto (SWAP) e il Pluto Energetic Particle Spectrometer Science Investigation (PEPSSI). Secondo i risultati, Plutone rappresenta un ostacolo molto limitato al vento solare, rallentandolo solo per meno dell'1 per cento: ciò indica che solo poche molecole atmosferiche sono ionizzate dall'interazione e trascinate via dal vento solare.