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Guarino Veronese

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Matteo de' Pasti, medaglia di Guarino Veronese, 1446 circa
Guarino da Verona

Guarino Veronese o Guarino da Verona (Verona, dicembre 1370Ferrara, 4 dicembre 1460) è stato un poeta e umanista italiano.

Il suo vero nome di battesimo era Varino ma, per corruzione, fu sempre chiamato Guarino, uno pseudonimo che poi, sotto la forma di "Guarini", trasmise ai suoi discendenti. Venne contraddistinto come "Veronese" o, più raramente, "da Verona". Per tutti fu, dunque, Guarino Veronese o Guarino da Verona.

Indice

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Biografia [modifica]

Fu avviato allo studio dei classici latini da Giovanni Conversini e proprio studiando la letteratura latina si incuriosì a proposito degli autori greci a cui le opere latine spesso alludevano e decise di cominciare a studiare la lingua greca. All'epoca però non era diffuso in Italia l'insegnamento del greco e quindi l'unica possibilità di apprenderlo era quella di andare ad impararlo a Costantinopoli. Così nel 1388 si trasferì nella capitale bizantina dove fu presentato ad Emanuele Crisolora, stimato studioso e letterato, che decise di fargli da maestro.

I suoi studi però si interruppero bruscamente nel 1393 quando i turchi presero d'assedio Costantinopoli e l'imperatore Manuele Paleologo inviò Crisolora in Italia per chiedere aiuto ai principi cattolici. Ma ormai, dopo cinque anni di intenso lavoro, Guarino aveva raggiunto la piena fluenza in greco e quindi poteva tranquillamente fare ritorno in Italia.

L'unicità della sua formazione linguistico-letteraria gli permise di affermarsi a Venezia come insegnante privato di greco finché, da Firenze, gli giunse un'interessante proposta di lavoro dal letterato e mecenate Niccolò Niccoli che gli offriva la cattedra di greco presso lo Studio Fiorentino. Cattedra che per tre anni era stata di Grisolora ma che aveva lasciato per trasferirsi a Roma. Ed era stato proprio Grisolora ad aver indicato in Guarino la persona più adatta a sostituirlo.

Ma a Firenze, Guarino, non trovò affatto la gloria:

« Quivi egli giunto, coll'eccellenza delle sue dottrine, e colla chiarezza e novità dello spiegarle, non meno che con l'affabilità e la dolcezza delle maniere si conciliò ben presto l'ammirazione e l'affetto di tutti, e divenne carissimo amico degli uomini più dotti, e più riputati che in quell'illustre città allor fiorissero, ciò sono Leonardo Aretino, Poggio Fiorentino, Palla Strozzi, Ambrogio Camaldolese, per tacer di molti altri: il perché gli occhi di tutti erano in lui rivolti, come all'uomo più dotto e virtuoso che fosse allora a Firenze, e per avventura in Italia. Tanta celebrità e tanti applausi raffreddaron ben presto l'amicizia che sinceramente in sulle prime avea concepita verso di lui il Nicoli, il qual si pentì d'aver contribuito a chiamarlo a Firenze. Amava costui i buoni studj, egli è il vero, amava negli altri la virtù, ma naturalmente superbo ed invidioso, mal soffriva che l'altrui virtù oscurasse la propria.[1] »

Le calunnie e le umiliazioni di Niccoli costrinsero Guarino ad abbandonare Firenze. Così come, sempre per l'intemperanza di Niccoli, avevano costretto anche Crisolora a lasciare la città.

Nel 1411 Guarino se ne partì da Firenze per raggiungere Venezia dove da tempo era stato invitato a tornare per aprire una scuola di lingua greca che, a pochi giorni dall'inaugurazione, fu letteralmente presa d'assalto da quanti volevano iscrivercisi. Tra questi anche Vittorino da Feltre a cui Guarino, per l'onore della sua presenza, decise di insegnare gratis.

Ma l'amore per la sua città natale fu più forte della fama e degli allori veneziani e nel 1420 accettò la cattedra di lingua e letteratura greca a Verona anche se lo stipendio era di appena 150 scudi. Praticamente una miseria. Eppure non era questo che importava a Guarino se rifiutò la ricca offerta di Gian Francesco Gonzaga che lo voleva alla corte di Mantova come precettore dei suoi figli. Tanto zelo nei confronti di Verona non era però ricambiato dai veronesi che, di invidioso in invidioso, nel 1429 riuscirono a sopprimere la cattedra di Guarino e a interrompere l'erogazione del suo pur magro stipendio.

Già da tempo comunque Guarino era in corrispondenza con Jacopo Giglioli, primo segretario e confidente di Niccolò III d'Este, che non appena seppe la notizia del suo licenziamento lo chiamò a Ferrara per affidargli l'educazione di Leonello, figlio del marchese ed erede al trono.

Arrivò in città nel febbraio del 1430 e fu alloggiato con tutti gli onori in casa degli Strozzi, esuli da Firenze, e vicini di casa dei Savonarola. A Ferrara strinse amicizia con lo storico umanista Flavio Biondo da Forlì.

Nel 1436 si sposò, a Verona, con la concittadina Taddea Cendrata dalla quale ebbe 13 figli.

Dopo aver insegnato per anni alla corte ferrarese, quando nel 1441 Leonello divenne marchese fece in modo che Guarino venisse eletto alla cattedra di eloquenza e di lettere latine e greche presso l'Università di Ferrara con un contratto rinnovabile ogni cinque anni. Nel 1451, a contratto scaduto, e soprattutto morto Leonello, suo discepolo ma anche suo carissimo amico, la città di Verona fece di tutto per riavere indietro Guarino arrivando ad offrirgli di nuovo la sua cattedra e 150 ducati annui, stavolta però d'oro, che, di fronte all'incertezza di Guarino, furono portati a 200. Ma fu tutto inutile: Guarino rimase a Ferrara e non ne ripartì più.

Note [modifica]

  1. ^ Carlo de' Rosmini, Vita e disciplina di Guarino Veronese e de' suoi discepoli, Brescia, 1805, Vol. I, pagg. 9-10

Bibliografia [modifica]

  • Carlo de' Rosmini, Vita e disciplina di Guarino di Verona (marco) e de' suoi discepoli, Brescia, 1805.
  • Remigio Sabbadini, Guarino Veronese e il suo epistolario edito e inedito, Roma, 1885.
  • Marianne Pade, Lene Waage Petersen, Daniela Quarta, La Corte di Ferrara e il suo mecenatismo 1441-1598, Ferrara, 1990.

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