National Geographic Italia, febbraio 2013
Un morso che cura
La scienza indaga sul potenziale medico del veleno animale
fotografie di Mattias Klum
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Il veleno del mamba verde del Congo, qui fotografato in Camerun, potrebbe presto combattere le cardiopatie.
Le cure a base di veleni animali non sono una novità. Sono citate già in testi sanscriti del II secolo d.C., e si narra che intorno al 67 a.C. Mitridate VI re del Ponto, un nemico di Roma che si dilettava di tossicologia, sia stato salvato due volte sul campo di battaglia da sciamani che gli curarono le ferite con veleno di vipera dell’Orsini (il veleno cristallizzato di questi rettili viene oggi esportato dall’Azerbaigian per uso medico).
Il veleno di cobra, impiegato da secoli nella medicina tradizionale cinese e indiana, fu introdotto in Occidente negli anni Trenta dell’Ottocento come antidolorifico omeopatico. John Henry Clarke ne descrisse la capacità di alleviare molti malanni, anche quelli causati dal veleno stesso, nel suo Materia Medica, pubblicato intorno al 1900.
La scienza che trasforma in cura un veleno animale è nata negli anni Sessanta quando Hugh Alistair Reid, medico specialista inglese, ipotizzò che il veleno dell’ancistrodonte della Malesia potesse essere usato contro la trombosi venosa profonda. Reid aveva scoperto che una tossina di quella vipera, una proteina detta ancrod, impediva la coagulazione del sangue eliminando una proteina fibrosa. L’Arvin, anticoagulante derivato dal veleno dell’ancistrodonte, arrivò negli ospedali europei nel 1968; oggi è stato sostituito da altri farmaci analoghi, sempre a base di veleno di vipera.
(Leggi tutto l'articolo di Jennifer Holland sul numero di febbraio 2013 di National Geographic Italia)
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magazine, ricerca, medicina, rettili
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