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Capriata

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Le capriate nel soffitto della basilica di Santa Croce a Firenze

La capriata (o incavallatura o cavalletto) è un elemento architettonico, tradizionalmente realizzato in legno, formato da una travatura reticolare piana posta in verticale ed usata come elemento base di una copertura a falde inclinate. La capriata ha il vantaggio di annullare le spinte orizzontali grazie alla sua struttura triangolare nella quale l'elemento orizzontale (catena) elide le spinte di quelli inclinati (puntoni): rientra quindi tipicamente tra le strutture non spingenti dell'architettura.

Indice

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Elementi [modifica]

Una capriata all'italiana: elementi e dettagli costruttivi

Quando la capriata fa da ossatura di un tetto alla lombarda, su di essa vengono appoggiate delle travi perpendicolari. Quella alla sommità è detta colmareccio, mentre quelle che poggiano direttamente sui puntoni si chiamano arcarecci (o terzere quando suddividono la falda in tre parti). Su arcarecci e colmareccio sono poi appoggiate ulteriori travi perpendicolari, dette travetti o travicelli, che scendono in obliquo parallele ai puntoni. Sui travetti poggiano i listelli o correntini che a loro volta sostengono il manto di copertura che può essere realizzato in coppi o tegole curve, in coppi ed embrici, o in tegole stampate.

Nei tetti alla piemontese, invece, la capriata sostiene - mediante un gattello o mensola (vincolato al monaco) oppure con una traversa (vincolata a monaco e puntoni) - una trave di colmo posta a quota più bassa rispetto alla testa del monaco; su questa trave di colmo poggiano uno o più falsi puntoni per falda (che formano dei falsi cavalletti intermedi fra due capriate) complanari ai puntoni, sui quali poggiano degli arcarecci che possono sostenere dei travetti o direttamente i listelli a sostegno del manto.

Statica della capriata [modifica]

Una capriata francese. Rispetto a quella italiana monaco e catena si toccano.

La capriata ha la sua forza dalla sua struttura di ripartizione in triangoli. Basilare è la coesione tra i suoi vari elementi: puntoni e catena sono chiusi agli angoli da incastri (marginali semplici o a doppio dente cuneiforme) e rinforzati da più staffe in ferro che le tengono unite e ferme.

Nelle capriate in legno il monaco viene collegato alla catena in due modi differenti:

La capriata è soggetta a sforzi di trazione (il monaco e soprattutto la catena), compressione (le saette) e pressoflessione (i puntoni).

Nell'Ottocento la nascita della teoria classica delle reticolari ha fornito alcuni metodi grafici per la quantificazione (a costo di numerose semplificazioni) delle azioni negli elementi componenti la capriata (metodo delle sezioni o di Ritter, metodo di equilibrio dei nodi, metodo di Cremona).

Già dalla fine dell'Ottocento gli studi sulla teoria dell'elasticità (in particolare il teorema di Castigliano) avevano fornito strumenti adatti a un'analisi più corretta del problema. La complessità dell'impostazione fisico-matematica dello schema statico ne limitava però l'applicazione a casi eccezionali. Alcuni studi proposero formule pre-elaborate per determinate tipologie di capriata per eliminare l'onere dell'impostazione del problema, senza però poter eliminare la laboriosità dei calcoli.

Per questi motivi i metodi grafici sono rimasti in uso nella pratica corrente fino all'avvento dei computer.

Storia [modifica]

Struttura lignea della copertura di Notre Dame a Parigi
Capriata in metallo in un edificio industriale

Il concetto costruttivo della capriata matura intorno al IV secolo d.C. seppure a partire dalla conformazione di coperture a falde di templi e basiliche, che gia in epoca greca presentavano complesse strutture lignee con travi inclinate sostenute da murature, pilastrini, travi orizzontali, senza però giungere alla concezione reticolare. Infatti Vitruvio, nel suo trattato "De Architectura" non tratta delle capriate.

La capriata venne massicciamente usata in epoca paleocristiana come copertura per le prime basiliche cristiane, anche se non ci rimane alcuna struttura originale e non si può conoscere la conformazione di tali capriate. Il fatto di non generare spinte laterali permetteva alle basiliche paleocristiane di avere mura abbastanza esili completamente lisce, senza bisogno di contrafforti, caratterizzandone così l'aspetto esteriore che denuncia con la sua semplicità, la concezione strutturale della copertura a capriate.

Nel periodo romanico iniziò la graduale sostituzione, nella copertura delle chiese, delle capriate con le volte, prima nelle più piccole navate laterali delle chiese, poi, via via che gli artefici acquisivano dimestichezza e perizia con la nuova tecnica, vennero iniziate ad essere coperte anche le più alte e ampie navate centrali. La Basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello per esempio è il più antico esempio pervenutoci della fase di transizione del XII secolo, con navate laterali coperte a volte e navata centrale a capriate. Da rilevare inoltre come al di sopra delle volte fosse presente comunque una complessa struttura lignea a sorreggere la copertura a falde.

Nonostante quindi che l'architettuta monumentale a partire dal periodo romanico preferisse la volta, la capriata si diffuse ugualmente in tutta l'Europa medievale dando vita a numerose varianti. Nelle regioni mediterranee si perfeziona il tipo più essenziale e perdura l'uso della capriata anche per grandi chiese monumentali; nell'Europa continentale sono presenti capriate più complesse con elementi di iperstaticità e nell’Europa settentrionale si diffondono strutture tridimensionali con falde molto inclinate e sottotetti agibili.

Nel medioevo si era soliti dipingere le capriate con motivi decorativi spesso a colori vivaci come si può rilevare in alcune chiese medievali di Firenze.

Nel Rinascimento la capriata fu studiata nel suo funzionamento e nelle sue varianti dai vari trattatisti come per esempio Mariano di Jacopo detto il Taccola, Leonardo da Vinci, Serlio. In generale tali studi rivelano come ancora non fosse maturata la conoscenza della natura "reticolare" della capriata, tanto più che la tipologia classica viene accompagnata da numerose varianti con aste disposte in modo vario e per le quali si potrebbe parlare di pseudo capriate, venendo meno sia il criterio della maglia triangolare. Andrea Palladio, in particolare disegna sempre la capriata con monaco e spesso saettoni, ben collegati con la catena, in una struttura razionale ed ordinata, pienamente reticolare. In questo periodo vengono realizzate strutture molto ardite come la coperture della Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale di Venezia, di venticinque metri di luce. Solo in seguito la capriata su codificata nell'immagine manualistica che si impose definitivamente nel XIX secolo, ccon il monaco staccato e la catena come puro tirante.

L'uso della capriata, fu raro per l'architettura monumentale anche nel periodo rinascimentale e barocco, anche se si mantenne vitale nell'edilizia minore.

Nel XVIII e soprattutto nel XIX secolo la capriata fu studiata sul piano teorico, giungendo alla piena comprensione del funzionamento statico, il cui principio diede vita a strutture ben più comnplesse come le travature reticolari ad aste e nodi.

L'uso della capriata si è mantenuto anche nel XIX e nel Novecento soprattutto nell'edilizia industriale, affiancando al tradizionale legno, anche il metallo.

Bibliografia [modifica]

Voci correlate [modifica]

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