Con riferimento agli aspetti particolari da cui sono caratterizzate,le dimissioni previste nel titolo meritano una speciale attenzione e considerazione.
Intanto ,riportandosi all’art.2119 del codice civile ,è da dire che dette dimissioni intervengono qualora si verifichi una causa che non consente la prosecuzione ,anche provvisoria,del rapporto di lavoro subordinato e d altresì che al/la prestatore/trice che recede per giusta causa compete l’indennità sostitutiva del preavviso.
Detto questo,si aggiunge che le dimissioni in questione rilevano anche sotto altri profili,che di seguito si espongono.
Anzitutto sono da considerare in relazione al conseguimento del trattamento di disoccupazione ,tenendo conto in proposito delll’art.34 comma 5 della legge n.448 del 23.12.1998 , secondo cui la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenute a far data dall’1.1.1999 non dà titolo in nessun caso all’erogazione dell’iundennità ordinaria di disoccupazione,agricola e non agricola,con requisiti normali e con requisiti ridotti.
Peraltro si evidenzia che la Corte Costituzionale con la sentenza n.269/2002 ha affermato che le dimissioni per giusta causa non sono riconducibili alla libera scelta del /la lavoratore/trice,in quanto indotte da comportamenti altrui idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro.Le stesse,quindi,comportando uno stato di disoccupazione involontaria, devono ritenersi non comprese nell’ambito operativo del citato art.34 comma 5 dellla legge n.448/98.
A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale , sull’argomento è intervenuto l’Inps ,stabilendo con la circolare n.97/03 che il diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione ,agricola e non agricola,deve essere riconosciuta ogni qual volta la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per giusta causa,a norma dell’art.2119 c.c.
Peraltro, l’Istituto previdenziale ha ritenuto di fare di più in merito, nel senso che con la successiva circolare n.163/03,riportandosi alle indicazioni degli organi competenti in materia di giustizia ,prima fra tutti la Corte Costituzionale,ha affermato che si considerano “per giusta causa ” le dimissioni determinate da:
a) mancato pagamento della retribuzione ;
b) aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
c) modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
d) mobbing;
e) notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone(fisiche o giuridiche) dell’azienda;
f) spostamento del /la lavoratore/trice da< una sede ad un’altra ,senza che sussistano le comprovate ragioni tecniche,organizzative e produttive previste dall’art.2103 cod civile;
g) comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
Sulla presentazione delle domande, le istruzioni dell’Inps prevedono che se il/la lavoratore/trice dichiara di essersi dimesso/a per giusta causa, dovrà corredare la domanda con una documentazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli articoli 38 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000) da cui risulti almeno la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (allegazione di diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro, nonché ogni altro documento idoneo), impegnandosi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Laddove l’esito della lite dovesse escludere la ricorrenza della giusta causa di dimissioni, si dovrà procedere al recupero di quanto pagato a titolo di indennità di disoccupazione, così come avviene nel caso di reintegra del lavoratore nel posto di lavoro successiva a un licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
Un altro aspetto che si ritiene rilevante rispetto alle dimissioni per giusta causa concerne la possibilità o meno del /la lavoratore/trice interessato/a alle stesse di ottenere l’ iscrizione nelle liste di mobilità,che come è risaputo favoriscono il reinserimento nel lavoro in relazione alle agevolazioni che le norme riconoscono ai datori di lavoro in caso di assunzione dei soggetti presenti nelle liste stesse.
Va da sè che ,parlando d’iscrizione nelle liste di mobilità per il /la dimissionario/a per giusta causa ,s’intende fare esclusivo riferimento alla previsione dell’art.4 comma 1 della legge n.236/93,mentre resta impraticabile quella degli artt.4 e 24 della legge 223/91,che presuppone l’attivazione della procedura relativa al licenziamento collettivo ,di esclusiva competenza del datore di lavoro,che non può essere sostituito nè dai lavoratori nè dalle associazioni datoriali e sindacali,pur ricordando in merito che il Ministero del Lavoro con propria nota del 2000,fornendo indicazioni in merito a quanto affermato su tale materia dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.6/1999 ,ha precisato che” i lavoratori ,pur in assenza delle prescritte procedure di mobilità,non attivate a causa del comportamento omissivo del datore di lavoro, possono essere iscritti a seguito di espressa richiesta nelle relative liste,qualora sia accertata la natura collettiva dei licenziamenti,conseguenti alla totale cessazione dell’attività aziendale”,ed ha invitato l’Inps a riconoscere il diritto all’indennità di mobilità anche in questi casi.
Al di fuori della suddetta fattispecie , che riguarda la cessazione dell’attività aziendale ed una situazione di risoluzione collettiva di rapporti di lavoro,mancano altri casi in cui sia stata riconosciuta l’iscrizione nella lista di mobilità per mancata attivazione della prevista procedura di licenziamento collettivo da parte del datore di lavoro ,con la conseguenza che rimane esclusa l’eventualità d’estensione dell’ipotesi definita con la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 6/99 al caso di lavoratore/trice che si dimette per giusta causa, che ,invece , avrebbe a disposizione quanto stabilito dall’art.4 comma 1 della legge n.236/93, la cui applicazione risulta prorogata al 31.12.2009 dall’19 comma 13 del dec.legge n.185/08 convertito in legge n. 2/09 , che appunto consente richieste individuali d’iscrizione in lista di mobilità,senza diritto ad indennità,da parte di lavoratori licenziati da imprese ,che occupano anche meno di 15 dipendenti ,per giustificato motivo oggettivo,connesso a riduzione,trasformazione o cessazione di attività o di lavoto.
Tuttavia si ritiene di dire che nel caso di lavoratori dimissionari per giusta causa,costoro,oltre all’osservanza delle modalità e del termine vigenti per richiedere l’iscrizione nella lista di mobilità ,dovrebbero essere indirizzati con disposizione (anche ammininistrativa )di carattere generale degli organi istituzionali competenti dei Servizi dell’ Impiego delle Province e/o Regioni , a produrre idonea e dovuta documentazzione attestante le dimissioni per giusta causa che sia stata determinata da motivi oggettivi riconducibili a quelli della legge n.236/93,indipendenti dalla volontà del/la lavoratore/trice e determinati da colpa grave del datore di lavoro,riportandosi ,ad esempio, proprio alla casistica contenuta nella circolare Inps n.163/03, sopra menzionata ,così come risulta già avvenuto da parte delle Commissioni Tripartite della Provincia di La Spezia (in data 27.10.2006) e della Regione Emilia Romagna ( in data 27.2.2004).
Infatti, la vigenza di un preciso percorso amministrativo,non solo assicurerebbe trasparenza ed uniformità opertativa sul territorio per l”utenza e le le strutture dell’impiego,ma calmiererebbe in modo confacente le incertezze e le perplessità sulle responsabilità discendenti da comportamenti basati sulla discrezionalità ,che in quanto tale darebbe luogo immancabilmente a resistenze operative e ad immancabili a contestazioni per le decisioni prese .