DIMISSIONI DI LAVORATORE/TRICE PER GIUSTA CAUSA

Di francescocolaci

 Con riferimento agli aspetti particolari  da cui sono caratterizzate,le dimissioni  previste nel    titolo meritano una  speciale  attenzione e considerazione.

Intanto    ,riportandosi all’art.2119 del codice civile ,è da dire che dette dimissioni intervengono qualora si verifichi una causa che non consente la prosecuzione ,anche provvisoria,del rapporto di lavoro subordinato  e d altresì  che al/la  prestatore/trice   che recede per giusta causa compete l’indennità sostitutiva    del preavviso.

 Detto questo,si aggiunge che  le dimissioni in questione rilevano anche sotto   altri profili,che di seguito si espongono.

Anzitutto sono  da considerare in relazione al conseguimento del trattamento di disoccupazione ,tenendo conto  in proposito   delll’art.34 comma 5 della legge n.448 del 23.12.1998 , secondo cui  la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenute  a far data dall’1.1.1999  non dà titolo in nessun caso all’erogazione dell’iundennità ordinaria di disoccupazione,agricola e non agricola,con requisiti normali e con  requisiti ridotti.

Peraltro  si evidenzia che la Corte Costituzionale con la sentenza n.269/2002 ha affermato   che le dimissioni per giusta causa non sono  riconducibili alla libera scelta del /la lavoratore/trice,in quanto indotte da  comportamenti  altrui idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro.Le stesse,quindi,comportando uno stato di disoccupazione involontaria, devono ritenersi  non comprese nell’ambito operativo del   citato art.34 comma 5 dellla legge n.448/98.

 A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale      ,   sull’argomento è intervenuto l’Inps ,stabilendo con la circolare n.97/03 che il diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione ,agricola e non agricola,deve essere riconosciuta ogni qual volta la cessazione del rapporto  di lavoro avvenga per giusta causa,a norma dell’art.2119 c.c.

Peraltro, l’Istituto previdenziale ha ritenuto di fare di più in  merito, nel senso che  con la successiva circolare n.163/03,riportandosi alle indicazioni degli organi   competenti in materia di giustizia ,prima fra tutti la Corte  Costituzionale,ha   affermato che si considerano “per giusta causa ” le dimissioni determinate da:

a)  mancato pagamento della retribuzione ;

b) aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

c)  modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;

d) mobbing;

e) notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito  di cessione ad altre persone(fisiche o giuridiche) dell’azienda;

f) spostamento del /la  lavoratore/trice da< una sede ad un’altra ,senza che sussistano le comprovate ragioni tecniche,organizzative e produttive previste dall’art.2103 cod civile;

g) comportamento ingiurioso  posto in essere dal  superiore  gerarchico nei confronti del dipendente.

 

         Sulla  presentazione delle domande, le istruzioni dell’Inps  prevedono che se il/la  lavoratore/trice  dichiara  di essersi  dimesso/a per giusta causa, dovrà corredare la domanda con una documentazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli articoli 38 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000) da cui risulti almeno la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (allegazione di diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro, nonché ogni altro documento idoneo), impegnandosi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Laddove l’esito della lite dovesse escludere la ricorrenza della giusta causa di dimissioni, si dovrà procedere al recupero di quanto pagato a titolo di indennità di disoccupazione, così come avviene nel caso di reintegra del lavoratore nel posto di lavoro successiva a un licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.

Un altro aspetto che si ritiene rilevante  rispetto  alle dimissioni  per giusta causa concerne la possibilità o meno del /la lavoratore/trice interessato/a alle stesse di ottenere l’ iscrizione nelle liste di mobilità,che come è risaputo favoriscono il reinserimento nel lavoro  in relazione  alle   agevolazioni che le norme riconoscono ai   datori di lavoro in caso di assunzione dei soggetti  presenti  nelle   liste stesse.

Va da sè che  ,parlando d’iscrizione nelle liste di  mobilità per il /la dimissionario/a per giusta causa ,s’intende fare   esclusivo    riferimento alla previsione dell’art.4 comma 1 della legge n.236/93,mentre resta impraticabile quella  degli artt.4 e 24 della legge 223/91,che presuppone l’attivazione della   procedura  relativa al  licenziamento collettivo ,di esclusiva competenza del datore di lavoro,che non può  essere sostituito nè dai lavoratori nè dalle associazioni datoriali e sindacali,pur ricordando in merito che  il   Ministero del Lavoro  con propria nota  del 2000,fornendo  indicazioni   in merito a quanto affermato su tale materia dalla  Corte Costituzionale con la sentenza n.6/1999 ,ha precisato  che” i lavoratori ,pur in assenza delle prescritte procedure di mobilità,non attivate a causa del comportamento omissivo del datore di lavoro, possono essere iscritti a seguito di espressa richiesta nelle relative liste,qualora sia accertata la natura collettiva dei licenziamenti,conseguenti alla totale cessazione dell’attività aziendale”,ed ha invitato l’Inps a riconoscere il diritto all’indennità di mobilità anche in questi casi.

Al di fuori della suddetta fattispecie , che riguarda  la cessazione dell’attività aziendale  ed una situazione di risoluzione collettiva di rapporti di lavoro,mancano altri casi in cui sia stata  riconosciuta l’iscrizione nella lista di mobilità per mancata attivazione della prevista procedura di licenziamento collettivo da parte del datore di lavoro ,con la conseguenza che rimane    esclusa l’eventualità d’estensione dell’ipotesi definita con la citata sentenza  della  Corte Costituzionale n. 6/99 al caso di lavoratore/trice che si dimette per giusta causa, che ,invece , avrebbe   a disposizione quanto stabilito    dall’art.4 comma 1 della legge n.236/93,  la cui applicazione risulta prorogata  al 31.12.2009 dall’19 comma 13 del dec.legge n.185/08 convertito in legge n. 2/09 , che  appunto  consente   richieste individuali d’iscrizione in lista di mobilità,senza diritto ad indennità,da parte di lavoratori licenziati da imprese ,che occupano anche meno di 15 dipendenti ,per giustificato motivo oggettivo,connesso a riduzione,trasformazione o cessazione di attività o di lavoto.

Tuttavia si ritiene di dire che nel  caso di lavoratori  dimissionari per giusta causa,costoro,oltre all’osservanza delle modalità e del termine  vigenti per   richiedere  l’iscrizione nella lista di mobilità  ,dovrebbero essere   indirizzati  con disposizione (anche  ammininistrativa )di carattere generale degli organi istituzionali competenti dei Servizi dell’ Impiego delle Province e/o  Regioni ,  a  produrre idonea e dovuta documentazzione attestante le dimissioni per giusta causa  che sia stata  determinata  da motivi oggettivi riconducibili a quelli della legge n.236/93,indipendenti dalla volontà del/la lavoratore/trice e determinati  da colpa grave del datore di lavoro,riportandosi ,ad esempio,  proprio alla casistica  contenuta  nella circolare Inps n.163/03, sopra  menzionata ,così come   risulta già avvenuto   da parte delle Commissioni Tripartite della Provincia   di La Spezia (in data 27.10.2006) e della Regione Emilia Romagna  ( in data 27.2.2004).

Infatti,  la vigenza di un preciso percorso amministrativo,non solo assicurerebbe trasparenza   ed uniformità opertativa sul territorio  per     l”utenza  e le     le strutture  dell’impiego,ma calmiererebbe in modo confacente le incertezze e le perplessità sulle  responsabilità   discendenti da comportamenti basati sulla discrezionalità ,che in quanto tale darebbe luogo  immancabilmente a resistenze operative e ad immancabili a contestazioni  per le decisioni prese  .

 

 

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