Contenzione Fisica, Meccanica, Farmacologica

logo-contenzione.jpgdi Graziano Lebiu, Infermiere, Cagliari

 

dal Codice di Deontologia Infermieristica, Articolo 30: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali”.

 

dal Codice di Deontologia Infermieristica Articolo 8: ”L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza, facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito”.

 

dal Codice di Deontologia Infermieristica Articolo 33: ”L’infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito mette in opera tutti i mezzi per proteggerlo, segnalando le circostanze, ove necessario, all’autorità competente”.

dall’art. 32 della Costituzione: “I trattamenti sanitari che di regola sono volontari possono essere obbligatori solo se previsti dalla legge e nei limiti del rispetto della persona umana”.

dal Codice Penale art. 571: ”Chiunque abusa di mezzi di contenzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile,se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente.”

Dal Codice Penale art. 40: “Non impedire un evento che si ha il dovere di impedire, equivale a cagionarlo”

 

Dal Codice di Deontologia Medica art. 15: “I trattamenti che comportino una diminuzione della resistenza psico-fisica del malato possono essere attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze”.

 

avv. M. Marcellini, atti evento ECM “Illeciti Penali e Civili e violazioni di norme e regole in sanità: Chi esercita una professione intellettuale quale quella infermieristica, ha il dovere, e il diritto, di agire nel rispetto ed entro i limiti della legge”.

 

Ritengo che “le contenzioni” non possano essere disposte da motivazioni di carattere sanzionatorio o per compensare “comprovate” carenze organizzative: l’infermiere, in tal caso, deve potersi avvalere della clausola di coscienza prevista dall’art. 8 del Codice Deontologico in applicazione delle indicazioni cogenti di cui all’art. 33. Inoltre, in caso di ordine di servizio reiterato per iscritto, quando ne abbia contestato verbalmente la legittimità, può rifiutarsi di eseguirlo in quanto contiene la previsione di commettere più reati, dall’art. 605 del Codice Penale “il Sequestro di persona”, dall’art. 610 del Codice Penale “la Violenza privata”, dall’art. 572 del Codice Penale “i Maltrattamenti”.

Essendo” le contenzioni” certamente riconducibili a pratiche terapeutiche di cui alla lettera d) art. 3  Profilo Professionale DM739/94, per le responsabilità conseguenti l’infermiere potrà direttamente o in concorso con altri “contenere” solo dietro una prescrizione medica “ex ante”, registrata nella cartella clinica e/o integrata, motivata e circostanziata rispetto alla durata del trattamento e al tipo di contenzione e modalità da osservare.

In situazioni imponderabili che non consentano di agire secondo una prescrizione o in assenza, ad esempio, del medico nell’u.o. interessata (psichiatria, geriatria, medicina, pronto soccorso, 118, terapie intensive ect) sarà onere dell’infermiere dimostrare di aver agito in stato di necessità, evidenza tutt’altro che scontata.

Infatti, rispetto all’avvalersi dello stato di necessità:

  • difficilmente si può parlare di emergenza in riferimento ai trattamenti coercitivi, sono infatti sempre possibili altre opzioni;
  • l’insorgenza dell’indicazione di “contenere” potrebbe essere diretta conseguenza di  imperizia o negligenza dei sanitari, che hanno quindi concorso al “pericolo” al quale porre rimedio;
  • il ricorso all’uso della forza non rappresenterebbe con assoluta certezza il punto di sintesi nel bilanciamento dei diversi interessi in gioco.

Cosa significa “contenzione”? Una definizione potrebbe essere “realizzazione di uno stato di costrizione fisica e/o meccanica e/o farmacologica della libertà di movimento volontario della persona o del normale accesso al proprio corpo per mezzo di strumenti o dispositivi applicati al corpo stesso, a parti di esso o nell’ambiente circostante l’individuo”. Distinzioni delle contenzioni:

 

CONTENZIONE FISICA:

Costrizione realizzata per bloccare fisicamente i movimenti di un paziente

 

CONTENZIONE MECCANICA:

Costrizione realizzata con mezzi o ausili omologati per limitare i movimenti di un paziente

 

CONTENZIONE FARMACOLOGICA:

Interventi realizzati con la somministrazione di farmaci con l’obiettivo di sedare il paziente

Per quanto sopra e per il “diritto a rifiutare le cure” da parte dell’assistito e “l’interesse della collettività alla tutela della salute” da parte dell’organizzazione, l’introduzione all’argomento della contenzione con il richiamo ad articoli del Codice Deontologico Infermieristico, Medico e del Codice Penale, vuole subito portare il presente contributo al cuore del’irrisolto dilemma: l’intervento sanitario della contenzione quanto diretta a “bloccare-limitare-sedare”, non sostenuto dal valido consenso del paziente ed eventualmente neanche dallo stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., è da intendersi contrario ai principi costituzionali che tutelano i diritti inviolabili dell’individuo?

Per tentare di approfondire e dare una risposta, non possiamo non chiederci se:

a)     esistano contesti differenti fra trattamenti sanitari obbligatori e altri trattamenti sanitari coercitivi-contenitivi-coattivi;

b)    i sanitari, nella fattispecie il medico e l’infermiere, hanno sempre l’obbligo di procurarsi il consenso dell’avente diritto o se qualcuno abbia la potestà di autorizzarli o obbligarli a fare uso della forza fisica per vincere una resistenza;

c)     il ricorso ad atti di coercizione nel rapporto diagnostico-terapeutico sia un evento “doloroso”? “necessario”? “inutile”? o “illegittimo”.

Il professionista sanitario infermiere non può eludere di interrogarsi sull’effettiva efficacia terapeutica della contenzione sia quando considerata necessaria, sia quando ritenuta dannosa, sia quando considerata illegittima, con un accento alla disamina dei problemi di carattere organizzativo ma soprattutto giuridici rispetto alla legittimità:

1.     Della contenzione fisica –meccanica – farmacologica (la classica contenzione a letto non è l’unica forma di coercizione riscontrabile in sanità);

2.     Del divieto delle uscite dalle degenze delle unità operative per i primi giorni dopo e/o successiva limitazione a delle fasce orarie (giustificata dalla necessità di garantire una permanenza in degenza per monitorare l’azione delle terapie nel complesso e di alcuni farmaci nello specifico;

3.     Di azioni e decisioni sviluppate contro la volontà dell’assistito e/o senza il consenso informato tenendo quindi in debita considerazione le sue condizioni di salute all’origine del trattamento e del relativo periodo di ricovero.

Il ricorso a mezzi di coercizione parrebbe sempre motivato dalla necessità di tenere al riparo il paziente da pregiudizi alla propria salute, prevenire gesti autolesivi, eteroaggressivi, e garantire la continuità terapeutica e la protezione dalla rimozione di eventuali  presidi medicali quali Cateteri Venosi Centrali, erogatori di ossigeno, tubi endotracheale, Sondini Naso Gastrici, Cateteri Venosi, Aghi Cannulla, Butterfly ect ect.

Tali necessità giustificano e autorizzano il ricorso ad atti coercitivi prevalendo sul consenso informato non rilasciato?

E’ paradossale che ci si debba interrogare sul ricorso alle contenzioni quando esse avvengano senza il consenso informato e addirittura contro il consenso del paziente che spesso oppone resistenza non solo mentale ma fisica.

Ritengo in conclusione che il concorso della componente infermieristica alla pratica delle contenzioni possa essere sempre contrattato e valutato di caso in caso, assegnando una valenza determinante sia alla corretta applicazione delle procedure diagnostico terapeutiche sia alle prescrizioni mediche e alle direttive ricevute ma in ultimo e non per ultimo tenendo sempre ben presente che il consenso informato non deve essere “acquisito” o “estorto” o “rinviato sine die” per giustificare i trattamenti coercitivi quanto, piuttosto, per garantire un minimo di autodeterminazione all’utente nel momento in cui si incide sulla sfera delle sue libertà individuali: il prevalente accoglimento del principio di beneficialità su quello dell’autonomia per il quale il sanitario che ha in cura il suo assistito è autorizzato a decidere per lui e il suo bene, è tutto da discutere.

Non possono restare lettera morta, per e nel processo di cura, i continui richiami, nei codici di deontologia infermieristica e medica, alla dignità, alla libertà, alla volontà dell’assistito e all’autonomia, alla responsabilità, all’agire secondo principi etici e deontologici dei professionisti sanitari, infermieri inclusi o se preferite infermieri non esclusi.

Graziano Lebiu, Infermiere

Sitografia:

http://www.altalex.com/index.php?idnot=37032

 

www.ipasvicomo.it/documenti/contenzione%20ipasvi

 

www.ipasvira.it/archivio/atti/43/pdf/VENTURINI%20GIUSEPPE.ppt

 

www.sigg.it/diapositive52/nursing/17Cester

 

http://www.news-forumsalutementale.it/cagliari-morte-in-psichiatria-affidata-una-nuova-perizia/

 

http://www.news-forumsalutementale.it/cagliari-lambulante-morto-in-psichiatriaaccusati-di-sequestro-sette-medici-reparto-psichiatria-dellospedale-ss-trinita/

 

Video contenzione_tortura Franco Mastrogiovanni

http://www.youtube.com/watch?v=rdt8RNn2Rb4

 

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(da L’Unione Sarda)

Cagliari – L’ambulante morto in psichiatria:accusati di sequestro sette medici Reparto psichiatria dell’ospedale Ss.Trinità 10 dicembre 2010

Clamoroso colpo di scena nel caso della morte dell’ambulante quartese G C. Sette medici del reparto psichiatria del Santissima Trinità di Cagliari sono stati accusati di sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere.

G C è stato ucciso da un farmaco tossico per il cuore. Questa, almeno, è l’idea dei periti del Tribunale. Anche se sottolineano: non c’è la certezza ma un’«elevata probabilità». Il processo sul sessantenne quartese morto il 26 giugno 2006 dopo sei giorni di ricovero in Psichiatria al Santissima Trinità si giocherà tutto su quelle due parole. Però: il paziente è stato legato al letto per tutta la durata del ricovero, dal giorno del trattamento sanitario obbligatorio firmato dal sindaco di Quartu durante lo sgombero degli ambulanti da una piazza, fino a quando si è scoperto che non respirava più. E questo, dicono i periti, non si poteva fare. Di lì la nuova, clamorosa accusa contestata ieri al primario GPT e agli psichiatri del suo reparto MRC, AB, MRM, MM, LS, MC: sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere. Roba da dieci anni di reclusione.

La notifica dell’avviso di conclusione delle indagini firmato dal sostituto GP ha provocato stupore, rabbia, sconcerto negli ambienti medici cagliaritani. Eppure il nuovo stralcio di indagine è sostanzialmente un atto dovuto dopo il deposito della perizia, l’11 ottobre scorso, davanti al Tribunale monocratico che processa T e la C per omicidio colposo aggravato: durante il dibattimento il pm lo ha quasi annunciato insieme al tentativo di portare la discussione sulla contenzione fisica. La difesa dei due psichiatri è insorta poiché è stato escluso che quella circostanza abbia portato alla morte del paziente. E allora il giudice SN ha chiesto al pm di motivare le sue domande e P a quel punto ha dichiarato che la perizia avrebbe potuto portare alla contestazione di nuovi reati.

In effetti i periti parlano senza mezzi termini di sequestro di persona e lo fanno sotto un profilo strettamente giuridico. Affrontando la questione della contenzione fisica hanno escluso che C sia stato ucciso da una trombo-embolia polmonare legata alla lunga immobilità, come invece avevano diagnosticato i medici del Santissima Trinità subito dopo l’improvvisa morte dell’ambulante. I periti EF, specialista in anatomia e istologia patologica, GO, psichiatra, e RC, medico legale, hanno innanzitutto individuato le norme: gli articoli 13 e 32 della Costituzione sulla inviolabilità della libertà personale e sul consenso all’atto terapeutico, il codice deontologico di medici e infermieri sulla contenzione fisica e farmacologica come evento straordinario e motivato, il codice penale: se c’è uno stato di necessità la misura di contenzione, sempre proporzionale al pericolo attuale di un danno grave non altrimenti evitabile, non solo può ma deve essere applicata se non si vuole incorrere nel reato di abbandono di incapace. I periti sono sicuri: «La contenzione fisica è ammessa solo allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona… qualora la contenzione fosse sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o per convenienza del personale sanitario si possono configurare i reati di sequestro di persona, violenza privata, maltrattamenti».

Non solo, i periti negano che la contenzione a letto sia da considerare un trattamento sanitario vero e proprio: «In generale, per prestare le prime cure il medico deve intervenire e vincere la resistenza solo se il paziente si trova in vero pericolo di vita. Nei casi psichiatrici quel pericolo non c’è quasi mai perché raramente esiste un pericolo di vita rispetto a una malattia mentale. Non risulta che mai nessuno sia morto di allucinazioni o delirio». I periti valutano dunque «eccessivo» legare a letto un paziente anche se per impedirgli il suicidio o costringerlo a curarsi. Di lì la conclusione: «La diretta coercizione non è fra le prestazioni richiedibili allo psichiatra. E visto che l’organigramma del nuovo assetto della psichiatria non prevede figure di personale di custodia (come prima della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi), essendo venuta meno tale esigenza che caratterizzava la vecchia normativa manicomiale, il ricorso all’uso della forza fisica è esterno al rapporto terapeutico».

Nell’indagine-stralcio B, M, M, S e C sono accusati anche di omicidio colposo, reato per il quale T e la C sono già sotto processo: per il 29 novembre è fissata la requisitoria del pm.

La Asl 8 ha intanto annunciato che in questa fase non prenderà provvedimenti nei confronti dei medici.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE

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(da L’Unione Sarda.it)

Cagliari: Morte in psichiatria, affidata una nuova perizia

 

2 febbraio 2011

I periti dovranno dire chiaramente se esiste un nesso di causalità tra la somministrazione dell’aloperidolo e la morte di GC. Ieri mattina il giudice SN ha affidato una perizia agli stessi esperti che avevano escluso che la morte dell’ambulante quartese fosse dovuta a una tromboembolia. Avevano indicato come probabile causa del decesso la somministrazione di un farmaco pericoloso per il cuore, non a caso prima è obbligatorio l’elettrocardiogramma.

I periti hanno tre mesi di tempo per rispondere ai quesiti posti dal giudice: appuntamento al 5 maggio.

Sembra senza fine la vicenda processuale nata dopo la morte dell’ambulante quartese GC, spirato al Santissima Trinità il 22 giugno 2006 dopo sei giorni di ricovero in Psichiatria in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio.

Sul banco degli imputati, con l’accusa di omicidio aggravato dalla colpa cosciente, ci sono l’ex primario di Psichiatria GPT e la sua collega del Santissima Trinità MC. La morte improvvisa di GC aveva convinto i familiari a presentare un esposto in Procura mentre il Parlamento veniva investito della questione con diverse interrogazioni. Al centro della polemica c’era la lunghissima contenzione al letto del paziente. E proprio per questo di recente T, la C e altri cinque psichiatri sono stati iscritti sul registro degli indagati per sequestro di persona.

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